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06.01.2002

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"Pagine (da) Leggere"

Un gabbiano che sta per spiccare il volo.
Pagine leggere, pagine da leggere.
Per sorridere.
Per riflettere.
Per approfondire.
dal Supplemento ad Avvenire del 25 novembre 2001, n. 47 Anno V



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in questo sito:
Perdonami
A. Galli, giugno 2000
C'era la famiglia ...
D. Boffo, maggio 2001
Ti amo ma non ti sposo
A. Mariani, novembre 2001
Due cuori, una promessa
N. Scavo, novembre 2001
Selezione di articoli di Avvenire sulla famiglia

LA TESTIMONIANZA
Gambarotta:
«No, i parenti no!»

Il ricordo del giornalista torinese all'altare nel 1966: odiavo le ipocrisie dei miei tempi, non le regalai neppure l'anello. Però appena la conobbi capii che sarebbe stata mia moglie.

di Maria Pozzi

«È un termine che proprio non sopporto: di fidanzamento non ho mai voluto sentir parlare, per lo meno non nel senso che gli si attribuiva ai miei tempi». Esordisce cosi, Bruno Gambarotta, classe 1937, torinese, programmista, regista e direttore di programmi Rai, collaboratore di varie testate giornalistiche. E ha appena corninciato... «Non ho mai accettato la definizione di fidanzato e mi sono tenuto alla larga da tutte le ipocrisie che, quando ero giovane, erano legate alla condizione: visite a casa dei genitori, sorrisini di circostanza, incontri con il parentame del genere più vario».

Chissà, magari la sua promessa sposa ne ha sofferto...

«Affatto. Guardi, non le ho regalato neppure l'anello e, per essere sincero, lei non me lo ha mai chiesto. Non eravamo fidanzati, ma innamorati, questo si. Ho subito saputo, dopo averla incontrata, che lei sarebbe diventata mia moglie».

Ma la sua non-fidanzata come la metteva in famiglia?

«Per fortuna la pensavamo allo stesso modo e non ci interessava l'opinione altrui. Certo, lei era giovane, aveva solo vent'anni e quindi era molto soggetta all'autorità del padre. Non avevamo la libertà di oggi, questo va da sé: niente fine settimana o vacanze in giro da soli. Però i tempi stavano già cambiando e pochi anni più tardi le sue coetanee avrebbero goduto di ben altra libertà di movimento. Se penso a quando da bambino dovevo fare da chaperon a mia zia... Accompagnarla al cinema come terzo incomodo perché la gente non avesse di che chiacchierare. Bella ipocrisia anche quella. Sono convinto che la mai chiesto. Non eravamo fidanzati, ma svolta sia arrivata con il '68, con la contestazione. lo mi sono sposato nel '66».

Non c'è proprio niente che salverebbe del fidanzamento?

«La parola senz'altro no. Ormai significa tutto e niente e si utilizza indistintamente per definire tanto i legami adolescenziali quanto non ci interessava l'opinione altrui. Certo, lei, le convivenze pluriennali. Poco tempo fa, un bambino mi ha presentato "la fidanzata" del suo papà: ha usato proprio questa espressione per indicare una donna che ormai vive con lui e con il padre da anni. Non creda però che io non riconosca a questo periodo, al fidanzamento, una funzione peculiare. È un momento importante che bisogna dedicare con impegno a conoscersi l'un l'altra. Un tempo, specie le donne, si allenavano al matrimonio fin da giovanissime, veniva loro insegnato a dimostrarsi sottomesse e le nozze erano considerate un traguardo. Invece il matrimonio è solo l'inizio della vita a due e pochi sembrano rendersi conto che non è facile andare l'uno incontro all'altra. Ha ragione la mia amica Luciana Littizzetto quando dice che: "Oggi, il sogno più grande è essere single in due". Chiaro no?».


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