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Un gabbiano che sta per spiccare il volo.
Pagine leggere, pagine da leggere.
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dal Supplemento ad Avvenire del 23 dicembre 2001, n. 48 Anno V
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Selezione di articoli di Avvenire sulla famiglia

Editoriale
PERCHÉ RIESCONO TANTI SECONDI MATRIMONI?
Dovremmo domandarci come si arriva all'altare, e su quanto facciamo perché vi si giunga superate le ingenuità, e non per testardaggine infantile o per incapacità di guardarsi dentro

di Dino Boffo

In questo numero si parla di separati cristiani. Ossia, com'è possibile ritrovarsi separati e continuare a dirsi cristiani. Impareggiabile la contraddizione? No. Ed è la vita di ogni giorno, purtroppo, a rivelarci che non lo è. Quante storie sospese, quante vite segnate, ma anche quante sorprese da persone «di cui mai avremmo pensato» (non si dice così di solito?). Giorni fa mi sussurrava un amico, con lo sguardo tra il perso e !'incredulo: «Ti ricordi del matrimonio cui partecipai nel mese di luglio? Sai... sono già divisi». Senza dire che la vita ci ha fatto incontrare situazioni adulte, di matrimoni esemplari all’improvviso andati in frantumi. Mistero. Misteri.

Poi, non dimentichiamolo, c'è separazione e separazione. Ci sono donne e uomini che hanno lottato con tutte le proprie forze, compresa la risorsa primaria ed estrema della fede, per evitare la separazione. Ma alla fine hanno dovuto subirla, la frattura era generata da eventi sentiti troppo gravi e risultava non più componibile; o l'altro coniuge era stato assolutamente, irrimediabilmente determinato nella sua decisione.

Separati: una categoria che volentieri noi generalizziamo,e senza accorgercene finiamo talora per fare dei torti crudeli. Sappiamo benissimo invece che ogni separazione, poiché coinvolge persone uniche e irripetibili che unendosi hanno dato vita a una coppia a sua volta unica e irripetibile, ogni separazione appunto è un caso a sé. Non serve accomunare in modo indistinto. Bisogna fare attenzione a non sovrapporre in una sola parola vicende personali diversissime, facendo fasci unici di storie tra loro incomparabili.

Chi subisce la separazione si ritrova doppiamente ferito. E la sua ferita difficilmente si rimargina. Né il tempo né l'insorgere di un eventuale nuovo affetto potranno mai guarire del tutto quella lacerazione. Se poi il separato è cristiano, non solo dovrà dare una spiegazione umana al suo fallimento, ma anche una giustificazione di fede. Oserei dire teologica. Dovrà dare un senso alla prova dalla quale il Signore, nono- stante tanta fiducia, non l'ha sottratto.

Basterebbe questo per farci guardare ai separati cristiani con enorme attenzione. E infinita delicatezza. Qui non c'entra la pietà paternalistica di cui, purtroppo, le comunità cristiane non sempre vanno esenti. Ci sono separati cristiani che, con la loro dignità e la loro fierezza spirituale, la loro fede nonostante tutto ben salda, hanno molto da insegnare. Hanno molto da dare, ben prima che da chiederci. Chi non ha incontrato singoli separati che vivono la loro condizione, in modo magari silenzioso, ma sicuramente eroico?

I separati cristiani restano innanzi tutto membri delle nostre comunità. Dovrebbe essere scontato. Ma se qui, ora, ci troviamo a ridirlo, significa che scontato purtroppo ancora non è. In giro ci sono esperienze di gruppi partecipati da separati cristiani seguiti da un sacerdote. Ottimo. Ma ci sono separati cristiani che potrebbero trovare posto anche nei gruppi parrocchiali, addirittura nei gruppi famiglia "comuni", perché la loro, pur in assenza di un coniuge, resta pur sempre una famiglia che si sforza ogni giorno di vivere i valori cristiani. Una famiglia cristiana tra altre famiglie cristiane. Che ha doni da partecipare e consolazioni da ricevere.

D'altra parte sarebbe ben strano trovarsi in compagnia di separati cristiani un po' ovunque, esclusa proprio la comunità credente. Sono nostri amici e colleghi; e i nostri figli vivono con i loro figli a scuola, sul campo di calcio, a catechismo. E il discorso qui potrebbe farsi lungo. Non c'è dubbio, ad esempio, che la percentuale crescente di matrimoni terminati prestissimo, spesso per la fuga di uno dei due coniugi incapace di reggere la vita a due, o di "sostenere" emotivamente la nascita d'un figlio, debba interrogare. Se, come pare certo, una delle cause principali risiede nella diffusa immaturità di troppi ventenni e trentenni, nell'incapacità di crescere, perché per essere adulti non basta compiere gesti "da adulti", se insomma è il tessuto umano a non reggere, se è il clima illusorio e patetico in cui si decide il gran passo a piegare molte giovani coppie, allora responsabili siamo un po' tutti.

E la diffusa immaturità delle nuove generazioni che procedono per tentativi parrebbe in vari casi dimostrata dalla crescente riuscita dei secondi matrimoni, contratti da chi è già passato dalla prova e dalle disillusioni di un primo matrimonio finito a "pezzi". Dovremmo domandarci, insomma, su come si arriva al traguardo, e su quanto facciamo perché vi si giunga superate le ingenuità, e non per testardaggine infantile comunque camuffata, o per incapacità di guardarsi dentro. Vi si giunga piuttosto conoscendo se stessi e conoscendo la personalità del futuro coniuge, mettendosi al riparo da sorprese eclatanti e attese insostenibili. Con la piena consapevolezza di ciò che il matrimonio comporta, le conseguenze che esso genera nell'esistenza di entrambi, le condizioni che presuppone, gli sviluppi cui apre. I separati cristiani, in un certo modo, ci propongono l'eterna domanda sulla libertà e la felicità. La libertà di compiere scelte consapevoli, fors'anche audaci ma a portata di una struttura umana che nel frattempo si è preparata e commisurata alla sfida. E la felicità cercata non egoisticamente, per mettersi al sicuro dalle intemperie, ma alla luce di un progetto di vita che un Dio "pazzo" d'amore ha preparato per ciascuno in via esclusiva.

Se ci si sposa non solamente per riuscire a stare in piedi, o per emanciparsi dalla famiglia di origine, o darsi un tono e "fare le cose in regola", ecco se non ci si sposa solo con queste motivazioni, allora forse avremo coppie testimoni d'un bene non passeggero ma forte e duraturo. Coppie sposate in grado di reggere agli urti della vita, ed essere accoglienti -non acide -con chi incappa nella condizione di separato. Una sfortuna da riuscire a vivere con grazia.

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