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MATTUTINO
Le forbici e l'ago

di Gianfranco Ravasi



Il re, un giorno, si recò dal grande mistico Farid. S'inchinò e gli offrì un paio di forbici tempestate di diamanti. Farid le ammirò ma le restituì al visitatore: «Grazie per il dono magnifico; ma io non ne faccio uso. Dammi piuttosto un ago». «Ma se hai bisogno di un ago, ti saranno utili anche le forbici», replicò il re. «No - spiegò Farid - le forbici tagliano e separano. Un ago, invece, cuce e unisce ciò che era diviso. Il mio insegnamento è fondato sull'amore e sulla comunione. Mi occorre un ago per ricucire l'unità e non le forbici per tagliare e dividere».

Questo apologo della tradizione musulmana sufi, tratto dalle Parabole d'Oriente e d'Occidente di Jean Vernette, è al tempo stesso un augurio e un impegno. È, innanzitutto, un augurio per l'anno che sta per nascere, perché gli uomini usino meno le forbici della divisione: hanno già abbastanza squarciato il tessuto della comune umanità, frantumandolo in tanti scampoli dispersi. È anche un impegno a prendere tra le dita l'ago infilandolo col refe del dialogo. La nostra rubrica con la sua storia ultradecennale ha cercato proprio di usare il più possibile questo ago, facendo incontrare voci diverse, culture distanti, esperienze variegate.

Sappiamo che può essere sempre in agguato il rischio del sincretismo, dell'"omogeneizzato" spirituale, inoffensivo ma scipito: ed è per questo che non abbiamo mai nascosto l'angolo di visuale ove siamo collocati, lasciando quasi sempre affiorare un rimando a quella Bibbia che è la nostra carta d'identità spirituale e culturale. Tuttavia riteniamo - sulla scia anche dell'impegno incessante per la pace e per il dialogo tra i popoli promosso da Giovanni Paolo II - di assegnare il primato a ciò che "cuce" insieme le civiltà, all'amore e alla comunione, per altro centrali nel messaggio evangelico. Il filo da usare è uno solo: «L'inizio dell'amore per il prossimo sta nell'imparare ad ascoltare le sue ragioni» (D. Bonhoeffer).


Gianfranco Ravasi
dall'edizione elettronica di Avvenire del 31 dicembre 2003